Assemblea Nazionale Precari della Conoscenza FLC CGIL - documento scuola

07.02.2013 11:59

Assemblea Nazionale Precari della Conoscenza FLC CGIL Roma, 7 Dicembre 2012

Workshop precari scuola

 

Premessa

La situazione del precariato della scuola si inserisce nel generale contesto della politica di tagli al settore della conoscenza, che ha visto una pressoché costante sottrazione di risorse ai nostri comparti, quantomeno negli ultimi 20 anni. Il fenomeno si è chiaramente accentuato durante gli anni del Governo Berlusconi con la Legge 133 del 2008 che ha determinato l'espulsione dalla scuola di oltre 130.000 lavoratori precari.

I tagli hanno interessato tanto il personale ATA che quello docente e hanno di fatto colpito tutti gli ordini e i gradi di scuola, con un aumento progressivo del numero degli alunni per classe, con la soppressione del modulo nella scuola primaria, la riduzione generale degli organici ATA, il dimensionamento scolastico, la riduzione delle ore di insegnamento nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, la riduzione delle attività di insegnamento laboratoriale, la diminuzione delle ore di sostegno alla diversabilità, la riconduzione delle cattedre a 18 ore settimanali.

Nella stessa direzione si sono mossi i provvedimenti del Governo Monti e del Ministro Profumo, che non hanno ostacolato in alcun modo l'entrata a regime della riforma, anzi con gli interventi contenuti nella spending review e nell'ultima manovra finanziaria hanno colpito le categorie deboli dei docenti inidonei e degli ITP, profilando un'ulteriore perdita di posti e di professionalità a danno dei precari.

Il tentativo di introdurre nella Legge di stabilità un aumento delle ore di insegnamento frontale nella scuola secondaria da 18 a 24 ore, è stato invece sventato, anche se momentaneamente, grazie alla mobilitazione del personale, degli studenti, delle organizzazioni sindacali e in particolar modo della FLC CGIL, che hanno promosso iniziative e scioperi negli ultimi mesi particolarmente sentiti e partecipati dal mondo della scuola.

 

Politiche di reclutamento

A fronte di importati vittorie determinate dalle mobilitazioni (contro il ddl 953 e l’aumento delle ore frontali), resta invece aperta la vicenda del concorso beffa voluto dal Ministro Profumo, un caso emblematico di quella che potremmo definire come una vera e propria "schizofrenia" nelle politiche di reclutamento del personale della scuola in Italia.

Convinta da anni di acceso dibattito pedagogico e scientifico dell'importanza di percorsi specifici di formazione per l'accesso alla professione docente, la politica ha raccolto queste istanze con la Legge 341/90, che prefigurava la nascita di percorsi formativi universitari (SSIS, Scienze della Formazione Primaria (SFP), Bienni di II livello nell'AFAM). Mentre SFP esiste ancora, le SSIS, nate quasi un decennio dopo la Legge 341/90, e dopo altri due concorsi a cattedra, con 9 cicli biennali (dall'A.A. 1999/2000 all'A.A. 2008/2009), hanno di fatto rappresentato il principale canale di accesso all'abilitazione e quindi alla professione docente nella Scuola secondaria.

Letteralmente cancellate dal Ministro Gelmini, le Scuole di Specializzazione (unitamente ai bienni di II livello nell'Afam che non sono stati più attivati), sono state sostituite con il Decreto 249/10 da una specifica Laurea magistrale/ Diploma di II livello seguita dal Tirocinio Formativo Attivo (TFA), un percorso di accesso alla professione che, rispetto alle SSIS, sacrifica la dimensione didattica, pedagogica e relazionale della professione docente, relegata al lavoro sul campo e privilegia i contenuti displinari.

Ancora peggio avviene con il TFA transitorio che si configura come un vero proprio addestramento. E' in questo contesto che, mentre partono le selezioni per i nuovi TFA transitori, cominciano gli annunci da parte del neo Ministro Profumo di un nuovo concorso, che rimette totalmente in discussione non solo il paradigma pedagogico che ha ispirato le SSIS, ma l'istituzione degli stessi TFA. Non a caso, quando il concorso viene bandito nel mese di settembre, la tabella di valutazione dei titoli non riconosce alcun punteggio, e dunque alcun valore, al servizio svolto a scuola, cioè al lavoro svolto sul campo da molti insegnanti negli anni di precariato della loro carriera.

 

E' quindi alla luce di queste considerazioni generali che come Coordinamento di lavoratori precari della conoscenza ribadiamo su questo concorso una valutazione nettamente negativa. A questo si è poi aggiunta la scelta di una prova preselettiva avulsa da qualsiasi orientamento pedagogico, con quiz che hanno avuto l'unico obiettivo di ridurre drasticamente il numero dei concorrenti; la demagogia sulla presunta novità della prova orale, che in realtà sin dal concorso del 1990 verte sulla capacità dell'aspirante di presentare un argomento del programma in forma didattica; la beffa dei posti messi a concorso, circa 12.000 in un biennio, un numero ridicolo a fronte del precariato presente nelle graduatorie.

Non va sottovalutato, inoltre, il contesto in cui avviene il concorso: in una situazione in cui l'effetto congiunto dei tagli e della riforma delle pensioni determinerà di fatto il blocco del turn over e in cui il Governo, in sede di approvazione dell'ultima Legge di Stabilità, ha tentato di aumentare il numero di ore lavorative degli insegnanti a scuola di 6 ore. In questo contesto la prospettiva del doppio canale, per cui il 50% delle assunzioni dovrebbe avvenire dalle GaE, appare quanto meno irrealistica.

 

Sembra che a mancare negli ultimi anni sia stata proprio la chiarezza sugli obiettivi generali della formazione docente, per questo abbiamo più volte posto domande tutt'altro che scontate ai Ministri che si sono succeduti: abbiamo chiesto quali fossero le competenze che fanno di un insegnate un buon docente, se la preparazione disciplinare e l'approfondimento della didattica delle discipline, o il tirocinio e quindi la professione esercitata sul campo. Abbiamo chiesto se la verifica delle competenze curricolari dei docenti andasse fatta prima o dopo il percorso di tirocinio, che consiste proprio nell'applicazione pratica delle competenze disciplinari all'attività di insegnamento. Abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere se questa verifica vada fatta prima o dopo decenni di lavoro svolti a scuola in qualità di docenti precari.

 

Uscire dalla crisi

Il tentativo da parte del Governo di far rientrare nella legge finanziaria un provvedimento che prevedeva l'aumento delle ore di lezione frontale, e che per il momento è stato ritirato, è stato un atto molto grave: un attacco diretto al CCNL, che senza alcuna consultazione delle parti sociali sarebbe stato modificato in modo unilaterale, un attacco al lavoro per cui almeno 30.000 precari sarebbero stati licenziati nella scuola secondaria; un attacco alla professione docente, dipinta come una sorta di condizione privilegiata, mentre l'aspetto caratterizzante di questo lavoro, ovvero lo studio, l'aggiornamento, la formazione continua, la preparazione della didattica in tutti i suoi molteplici aspetti e l'aspetto relazionale tra insegnanti e studenti e insegnanti e famiglie, veniva volutamente cancellato.

 

La crisi etico-economica che ci schiaccia può non essere sostenibile se non riteniamo possibile superarla progettando il nuovo modo in cui ne usciremo governando il cambiamento. La politica non può sottrarsi da questo compito. Ritrovare lucidità, senso dell'orientamento, energie, motivazione e determinazione per sognare, desiderare, progettare, costruire il futuro. Il compito è essenzialmente politico: ridare valore ai settori pubblici della conoscenza, investire su di essi come "bene comune" per la formazione della persona e del cittadino. La scuola pubblica statale è infatti il luogo in cui a tutti vengono offerte pari opportunità, in cui si educa alla cittadinanza civile, alla tolleranza, in cui si favorisce l'integrazione, in cui si promuovono culture di pace, in cui a tutti vengono offerte le stesse possibilità di realizzazione.

 

Le nostre proposte

  • La restituzione ai settori pubblici della conoscenza dei fondi sottratti dalla Gelmini a oggi, e un piano di rifinanziamento che faccia dei settori pubblici della conoscenza un catalizzatore della ripresa e della crescita economica, del benessere intellettuale e sociale del nostro Paese, nel quadro della promozione di quell'uguaglianza sostanziale tra gli individui che è al centro della carta costituzionale. Le scuole pubbliche statali necessitano di un piano di investimenti:
  • per garantire il diritto allo studio degli studenti privi di mezzi
  • da destinare all'edilizia scolastica per la messa a norma delle scuole, dei laboratori, delle mense e delle biblioteche.
  • per l'innovazione didattica, la solidarietà e i diritti di cittadinanza. Magari rimettendo al centro le Università pubbliche come luoghi simbolo dell'innovazione anche nella didattica, superando i Master e i corsi on line che rappresentano la compravendita del punteggio a scapito della qualità.
  • Riduzione del numero di studenti per classe, per cancellare le classi "pollaio" e migliorare la qualità della didattica
  • Incremento del personale ATA, soprattutto nelle scuole dell'infanzia e primaria, a supporto della didattica.
  • Rilancio delle politiche di integrazione a partire dal sostegno, dal supporto alla disabilità e allo svantaggio sociale.
  • Potenziamento del tempo scuola, ripristino e potenziamento delle compresenze, per favorire la didattica individualizzata volta al recupero delle difficoltà dei bambini in difficoltà; potenziamento degli insegnamenti curricolari, con il reinserimento delle ore di laboratorio e di quelle discipline, come la Storia dell'Arte, la Musica, la seconda lingua straniera, che sono scomparse dai quadri orario di molte scuole secondarie di secondo grado.
  • Istituzione di un organico funzionale in grado da un lato di coprire le esigenze ordinarie delle scuole dovute alla sostituzione degli insegnanti assenti e dall'altro capace di mettere la scuola nelle condizioni di dare una risposta adeguata alle esigenze del contesto sociale in cui è calata: tasso di dispersione scolastica, tasso di criminalità, percentuale di alunni stranieri.
  • Un piano pluriennale di stabilizzazioni per il personale docente e ATA, che riduca drasticamente il numero dei precari presenti nelle GAE, coerentemente con quanto previsto nella Legge finanziaria 2007, che trasformava le graduatorie da permanenti ad esaurimento, con l'obiettivo di garantire agli studenti la continuità didattica risolvendo al contempo il problema del precariato della scuola.
  • Salvaguardia delle GaE, a tutela dei diritti di tutti i lavoratori precari che con passione e impegno e grazie alla professionalità acquisita con anni di formazione, concorsi e lavoro in classe, mandano avanti le scuole pubbliche statali.
  • È inammissibile non garantire ai docenti abilitati successivamente alla trasformazione delle Graduatorie da Permanenti ad Esaurimento pari diritti rispetto ai colleghi: chiediamo pertanto l'inserimento di questi in graduatoria; reputiamo infatti pericoloso e controproducente creare un terzo canale (oltre alle "graduatorie di merito" e alle GaE) per l'immissione in ruolo del personale docente abilitato, in quanto ciò aprirebbe la strada a nuovi sistemi di reclutamento, come la chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici e l'istituzione di concorsi da parte di reti di scuole, un modello che avrebbe effetti clientelari dirompenti sul sistema di reclutamento.
  • l'attivazione dei percorsi di formazione abilitanti che danno accesso alle GaE deve avvenire nel quadro di una programmazione dei posti rispetto alle reali esigenze della scuola, sviluppata in concorrenza con gli Uffici Scolastici Regionali, così come prescritto dalla normativa e con un netto potenziamento, rispetto all'attuale TFA, dello studio della didattica curricolare e di discipline di area pedagogia e psicologica. I percorsi di accesso alla professione docente non possono rappresentare un mero strumento di finanziamento delle università.
  • Coinvolgimento delle OO.SS., di tutto il personale di ruolo e precario e delle associazioni studentesche nella discussione in atto sulla riforma degli organi collegiali e garanzie di rappresentanza nelle rsu di tutto il personale precario.
  • Rinnovo del CCNL, scaduto nel 2009/2010

 

Poche scelte chiare e coerenti sarebbero sufficienti oggi a restituire dignità alla scuola italiana e al personale che ci lavora, precari in primis. Noi pensiamo che queste scelte vadano fatte, che la sofferenza manifestata dalla scuola in questi anni stia ricadendo in termini negativi su tutta la società, che i segnali di un bisogno netto di cambiamento siano emersi con grande forza sin dall'inizio di questo anno scolastico, con comunità scolastiche che hanno espresso una voglia di partecipazione e di coesione inedita persino negli anni del governo Berlusconi. Questo patrimonio non va disperso, come non va ignorata la consapevolezza ormai matura di studenti e genitori dell'importanza della scuola per il loro futuro.