Lettera a Gian Antonio Stella - di Greta Ghidoni

08.02.2013 11:13

 

Gentile signor Stella,

ho letto con attenzione il suo articolo apparso sul Corriere della Sera del 31 gennaio u.s. In quel “pezzo” lei denunciava le continue “sanatorie che da oltre un secolo e mezzo sono uno dei guai della scuola”e che, si conclude con l'ultima dei “Tfa speciali”che salvano i bocciati dell'ultimo test di ammissione ai tfa ordinari. Io non ho sostenuto quell'esame ma ho appreso dai giornali che la selezione è stata durissima, con domande astruse, complesse iperspecialistiche, ambigue e spesso errate. In questi anni, in qualità di docente di sostegno, ho potuto seguire, accompagnando i miei studenti in classe, le lezioni di più colleghi e le dico in tutta franchezza che la scuola non è più quel rifugio di incompetenti, demotivati e privilegiati che forse per parte di quel secolo e mezzo che lei ha preso in esame è stata. Noi giovani crediamo profondamente nel valore della scuola e dell'istruzione come uno dei mezzi più importanti per creare uomini e cittadini liberi e critici, lo facciamo lottando strenuamente in una scuola sempre più colpita da tagli indiscriminati, che portano a lavorare in condizioni disastrose, senza mezzi materiali, in classi sempre più numerose, senza stipendio(sì, senza stipendio, spesso ci pagano dopo molti mesi e a singhiozzo). Molti di noi potrebbero fare altro perché ci siamo tutti laureati in un periodo in cui non si facevano più esami di gruppo e nessuno ci ha regalato niente. Molti di noi hanno dovuto abbandonare le famiglie per spostarsi in altre zone geografiche per anni e anni, affrontando trasferte massacranti quotidiane e mal retribuite. Siamo stati tutti costretti (e non lo abbiamo deciso noi) a fare ridicoli e costosissimi “corsi farsa” per accumulare punti e imboccare la via umiliante di una lotta fratricida. Siamo stati costretti a farlo, e questo è forse l'unico punto su cui mi sento di darle ragione, è stato un errore, ma mi creda, noi non lo avremmo voluto. Poi molti hanno dovuto sostenere i test di ammissione al “concorsone”, uguali per tutte le classi di concorso ma con una spiccata prevalenza di quesiti di stampo logico-matematico, la cui bocciatura comportava l'impossibilità di essere ammessi agli esami relativi alla propria classe di concorso e sembra anche ai prossimi concorsi. In cinquanta minuti dovevamo rispondere a cinquanta domande, un'altra volta astruse, ambigue, complessissime, totalmente inadatte a selezionare un docente (proporrei lo stesso strumento valutativo per un'adeguata selezione della classe politica...e non solo) e fatte apposta per bocciare. Bocciare chi? Chi non ha avuto il tempo di imparare a memoria le risposte fornite da diversi siti a pagamento (e già, la nostra precarietà è anche un grosso affare). E chi non ha avuto il tempo di imparare tremila domande con relative ambigue risposte multiple in venti giorni? I meno giovani naturalmente (come hanno dimostrato gli esiti dei test) e soprattutto le donne lavoratrici e con figli. Ma se, come dice lei, bisogna valutare il merito, allora perché non metterci tutti per la prima volta davanti alle domande il 17 dicembre? Questo nessun giornalista se lo è domandato. Forse perché così il Ministro ha potuto riempirsi la bocca con la retorica del “largo ai giovani”. Contro quella pletora di vecchi docenti che da anni e anni nonostante i tagli, il prestigio sociale azzerato, lo stipendio che non arriva, le umiliazioni, i pogrom che subisce, gli studenti sempre più stanchi e demotivati, le famiglie sempre più ansiose e disorientate, sta, nonostante tutto questo, facendo funzionare egregiamente la scuola. Ora chi per anni è riuscito a barcamenarsi in questo mare e ha lavorato in tali condizioni, chiede solo di essere formato e abilitato in maniera consona all'importanza che la figura di un insegnante merita. Chiediamo troppo?

Greta Ghidoni